No all’occupazione, sciopero al Pacinotti

Striscioni sui cancelli e slogan urlati in direzione dell'ingresso: ieri, per la maggior parte degli studenti dell'istituto Pacinotti-Massari, la giornata di scuola si è risolta così, non sui banchi ma all'esterno, a protestare contro la “Buona scuola” del governo Renzi ma soprattutto contro i tanti problemi che riscontrano quotidianamente tra aule e corridoi. Ad inasprire un clima già teso, poi, ci hanno pensato le schermaglie tra i ragazzi e il preside, che prima di culminare nello sciopero di venerdì avevano visto gli alunni chiedere spazi di discussione, tentare la via dell'occupazione e quindi, quando il dirigente scolastico ha replicato rispedendo tutti in classe, si sono risolte in un boicottaggio delle lezioni, con i ragazzi scesi in cortile a metà mattinata.
«Ambienti freddi, insalubri e degradati, laboratori vetusti, carenza di personale e di materiali, mancata assistenza ai disabili: siamo stanchi di subire passivamente i tagli all'istruzione pubblica», denunciavano ieri mattina gli studenti in picchetto. «Il fatto che ci sia stato negato di organizzare dibattiti e incontri, poi, è stata l'ultima goccia».
Molto diversa, però, è la posizione dell'istituto, sintetizzata con efficacia dal vicepreside, il professor Marco Zorzi: «Qui facciamo tutti il possibile e anche di più», ha ribadito. «Con i fondi che abbiamo, le rette minime e le pochissime donazioni siamo costretti a cercare finanziamenti altrove, cosa che impiega gran parte del nostro tempo libero. Anche la manutenzione straordinaria viene spesso svolta dal nostro personale: la Provincia ci ha messo anni soltanto a ricavare un bagno per disabili all'interno dei vecchi servizi. Se i ragazzi vogliono discutere dei problemi che abbiamo, la mia porta è sempre aperta, ma deve trattarsi di un dialogo realistico e costruttivo, non possono pretendere l'impossibile».
Anche sullo screzio tra preside e studenti, poi, il professore ha qualcosa da ridire: «Le attività organizzate dagli alunni sono state cancellate perché è stata tentata la via dell'occupazione, un comportamento che l'istituto non può in alcun modo giustificare, non soltanto perché contrario alla legge, ma anche perché rischia di attirare all'interno degli spazi individui esterni interessati solamente a danneggiare le proprietà della scuola. È già successo in passato e alla fine a pagare sono tutti meno che i responsabili: gli studenti che protestavano, magari con le migliori intenzioni, si ritrovano con una denuncia e per sopperire ai danni, viste anche le scarse finanze di cui disponiamo, possiamo impiegare diversi anni».
Giacomo Costa
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