Morì dopo l'intervento, medici nei guai

Chiusa l'indagine sul decesso dell'ex dirigente comunale
 L'indagine è chiusa. Manca solo l'ultimo atto: la richiesta di rinvio a giudizio. Sul banco degli imputati rischiano di finire due medici dell'Azienda ospedaliera di Padova, il dottor Maurizio Rubino, 55 anni di Albignasego, e la collega Assunta Fabozzi, 29, originaria di Napoli con residenza in città, entrambi difesi dal penalista Lorenzo Locatelli. L'accusa contestata è di cooperazione in omicidio colposo in seguito alla morte di Maria Grazia Rossato, cinquantenne di Spinea, funzionaria responsabile dei Servizi demografici nel Comune, a Mestre, spirata il 22 agosto del 2010, quattro giorni dopo un intervento al cuore (programmato) per la sostituzione di una valvola aortica con una protesi biologica, eseguito nel centro cardiochirurgico dell'Azienda ospedaliera padovana.  In seguito all'ostruzione degli osti coronarici durante l'operazione, la donna fu colpita da un'ischemia acuta. Rubino era il primo operatore, coadiuvato - in qualità di secondo operatore - dalla specializzanda Fabozzo.  All'indomani del decesso si era presentato dal direttore sanitario Giampietro Rupolo il tecnico perfusionista che - al termine di un secondo intervento avvenuto il 22 agosto - aveva collegato la paziente all'Ecmo, il macchinario di supporto per l'ossigenazione extracorporea. Il tecnico aveva spiegato di non aver attivato l'ossigenazione, sia pure per pochi secondi, nel passaggio dall'alimentazione a bombola al sistema centralizzato. Uno sbaglio.  Tuttavia, come ha rilevato la professoressa Emanuela Trullazzi di Foggia - consulente del pm Sergio Dini - per Maria Grazia fu fatale il primo intervento nel corso del quale sarebbero state compiute una serie di errate scelte: dalla tecnica di impianto alla tipologia della protesi da inserire.

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