Mestre. In via Piave i negozi che resistono. «Spaccio cultura» per il rilancio

Venerdì pomeriggio apre uno spazio per eventi e iniziative.  Ma chi resta denuncia: «Qui è sempre più difficile lavorare»
Massimo Breda di Breda cicli
Massimo Breda di Breda cicli

MESTRE. Via Piave: strada di scommesse e di resistenza. Storie di commercianti che non si arrendono a un destino che sembra già segnato e che combattono una battaglia su due fronti. Da un lato, quello di una crisi che non guarda in faccia nessuno. Dall’altro, il vortice di degrado in cui la strada è stata risucchiata da anni e dal quale, malgrado i ripetuti tentativi, fatica a uscire.

Uno di questi ultimi tentativi verrà messo in pratica domani, alle 18, con l’inaugurazione di «Spaccio cultura», al civico 45: vecchio locale commerciale dismesso, che l’associazione Crocevia Piave ha deciso di convertire in luogo per incontri e laboratori. Affiancherà quindi lo spazio del gruppo di lavoro via Piave 67, che già assolve a questa funzione.

Il caso emblematico del tentativo di rivitalizzazione di quella che era la strada del commercio cittadino è l’apertura del Grand Central: il bistrot “anti degrado” - così è stato ribattezzato - inaugurato a maggio, in prossimità della grande fontana. Il locale funziona bene e l’effetto dissuasivo sulla delinquenza locale sembra avere funzionato. Ma è sufficiente inoltrarsi in via Piave per rendersi conto che il respiro della strada è in realtà attaccato a una macchinario: basta staccare la spina per frantumare la parvenza di normalità.

Lo sa Paolo Gasparinetti, titolare della storica Argenteria PG: negozio che resiste da 34 anni. Ma è una storia destinata a finire presto. «Una volta si lavorava, ora no. Ho deciso di chiudere, non posso più andare avanti».

Attilio Favaretto, del negozio di interni
Attilio Favaretto, del negozio di interni


Una difficoltà condivisa da Antonio Marchiori: 82 anni, 55 dei quali trascorsi nella sua gioielleria al civico 60. «Ormai non si vende più niente: la gente non ha soldi. Faccio quasi esclusivamente riparazioni di orologi».

I negozi storici sono la vera anima di via Piave. Con le sue centinaia di biciclette esposte, l’esterno di Breda cicli è da 30 anni una delle immagini simbolo della fisionomia della strada. «Continuiamo a vendere, resistiamo».

Forse perché è l’unica a Mestre a rimanere in vita, anche la coltelleria Craighero resiste, pur non negando i colpi della crisi. Una perseveranza resa possibile dall'inesauribile passione della titolare, Gabriela. Nel 1998 è subentrata a papà Desto, mancato due anni prima, che aveva aperto l’attività nel lontano 1948. «L’on-line e i centri commerciali hanno portato a una riduzione delle vendite, ma c’è ancora chi cerca la professionalità e la qualità di un piccolo negozio. Soprattutto gli stranieri: moldavi, cinesi e bengalesi sono diventati i miei clienti principali».

Gabriela Craighero dell'omonima coltelleria
Gabriela Craighero dell'omonima coltelleria


A fare da guardia al negozio c’è Primaluna, uno Staffordshire Bull Terrier di 12 anni addestrato per la difesa personale. «Me lo ha consigliato la Polizia». Insomma, in via Piave la prudenza è particolarmente raccomandata.

Lo dimostra la vicenda di Attilio Favaretto - titolare, insieme alla moglie Rita, del negozio di interni FavarettoUno - che alcuni anni fa ha subìto un’aggressione proprio nel suo locale. Insieme al fratello, la prima attività l’aveva aperta in via Cappuccina negli anni ’60. Dal 1989 è in via Piave, dove lavora con la moglie e due dei quattro figli: Fabio e Flavia.

Attilio Favaretto, del negozio di interni
Attilio Favaretto, del negozio di interni

«Praticamente lavoriamo gratis. Se avessimo dei dipendenti diversi dai nostri figli, non ce la faremmo» spiega Rita. Fino a qualche anno fa, il negozio si espandeva in un altro locale, dedicato all’arredamento della cucina: troppo costoso mantenerlo, la coppia è stata costretta a chiudere. «Non è più come una volta, ora i clienti vengono qui solo se hanno bisogno di un oggetto in particolare. Ma noi così non sopravviviamo». —


 

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