L’ex Manifattura tabacchi Trieste acquistata da Fracasso e Rocelli
Dalla fine degli anni Novanta aveva smesso di fabbricare sigarette: eppure aveva avuto momenti di fulgore nel decennio Ottanta con 500 dipendenti. Poi la privatizzazione, avviata nel 1992, ne aveva segnato la fine. Si era ridotta a immagazzinare la merce sequestrata, proprio lei, sorta da un decreto firmato negli anni Cinquanta dall’allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Intanto era passata a Fintecna, infine a Cassa depositi e prestiti. Cdp è stata l’ultima proprietaria pubblica dell’ex Manifattura Tabacchi in via Malaspina, a Trieste, in procinto di transitare in territorio privato: ad acquistare gli oltre 50.000 metri quadrati prossimi al Canale navigabile sono due imprenditori veneziani. Francesco Fracasso, con il veicolo Htm, e Giovanni Rocelli, con la controllata Gio2.
Sono nomi noti agli ambienti economici triestini. Fracasso, specializzato in rigenerazioni urbane, ha trasformato l’ex Lavoratore in corso Saba (Center Casa), l’ex Dino Conti in strada della Rosandra (Obi) e sta cambiando i connotati all’ex Maddalena. A Trieste ha già investito 85 milioni.
Rocelli, figlio di un parlamentare democristiano per 5 legislature dal 1972 al ’92, è un operatore portuale che a Venezia muoveva 3 milioni di tonnellate e che ha deciso di spostare il suo raggio d’interessi a Trieste. Alcuni anni fa Rocelli aveva compiuto una prima manovra di assaggio rilevando, insieme all’allora socio Angelo Boatto nella ReOil, l’area di Italcementi sulla sponda nord del Canale navigabile, vicino al termovalorizzatore Hera. Volevano costruire un impianto da 7 milioni di euro per il trattamento delle acque inquinate da idrocarburi. Progetto ora da ridefinire causa il ritardo accumulato dall’iter amministrativo: solo l’11 novembre 2020 è arrivato il decreto ministeriale che “libera” i 50.000 mq dal Sito di interesse nazionale (Sin).
L’ex Manifattura è un tipico monumento alla pigrizia triestina. Avrebbe dovuto diventare Fiera, mercato ortofrutticolo, mercato ittico... Invece niente. Poi la zampata della Serenissima. Non si fanno cifre ma qualcuno vocifera di una quindicina di milioni.
Ma cosa faranno Fracasso & Rocelli in via Malaspina? «Ci stiamo pensando, soluzione aperta», dicono seduti in una delle baracche del cantiere ex Maddalena, trasformato in sobrio quartier generale. Anche loro riflettono sull’ipotesi mercatale, d’intesa con Padova per quanto riguarda l’ortofrutta. E, visto che lo spazio non difetta, c’è anche la possibilità di trasferirvi il Bic, in affanno nella stretta sede di via Flavia. Poi a questo scenario si è aggiunta la prospettiva logistica, data la prossimità al Canale.
Non solo. Sempre a proposito di logistica portuale, potrebbe aprirsi un nuovo, clamoroso capitolo, sempre scritto dalla coppia veneziana: l’acquisizione dell’ex stabilimento Italcementi in via Caboto, 105.000 metri quadrati risalenti all’ultimo scorcio del Governo militare alleato. La grande area è passata ai tedeschi di Heidelberg Cement, dopo che la famiglia Pesenti ha ceduto le attività industriali.
Da un punto di vista produttivo la fabbrica era ormai inutilizzata e così nella primavera 2019 venne affittata alla carinziana Wietersdorfer, che la gestisce attraverso la controllata slovena Salonit Anhovo. Sul dossier Fracasso & Rocelli si limitano per ora a un fugace accenno, perché la trattativa è da impostare e si ritiene controproducente parlarne oltre. Per non abbandonare il filone logistico, si noti infine che in via Caboto una storica impresa triestina, la Parisi, ha comprato l’ex direzione delle Coop operaie. E che quella zona è stata affrancata dal Sin e “girata” alla gestione ambientale della Regione.
Fracasso & Rocelli lo dicono chiaramente: «Il Veneto dorme, oggi Trieste sembra avere più chance». —
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