L’edicola che parla cinese cambia il volto della città

Passa in mani orientali anche la rivendita di giornali davanti al cinema Italia Brunetta (Confesercenti): «Uno stravolgimento commerciale e culturale»
Di Manuela Pivato
Interpress/Tagliapietra Venezia 17.02.2013.- Due negozi Cinesi di borse ed abbigliamento uno in frote all'altro in calle de le bande, San Marco 5277 e San Marco 5381.
Interpress/Tagliapietra Venezia 17.02.2013.- Due negozi Cinesi di borse ed abbigliamento uno in frote all'altro in calle de le bande, San Marco 5277 e San Marco 5381.

Uno dopo l’altro, senza sosta e senza imbarazzo, anche se vendono tutti la stessa merce – e chissà poi come fanno – a un metro di distanza reciproca. Calle dei Fabbri è quasi interamente loro, calle dei Fuseri si appresta a diventarlo, Strada Nuova lo è da tempo. Il salto di qualità urbana è arrivato però con l’edicola in campo dell’Anconeta davanti al cinema Italia finita anch’essa in mani cinesi. Così come sono diventati negozi cinesi di pelletteria, nelle scorse settimane, il negozio di computer in calle delle Bande vicino a Ratti (trasferitosi tra campo Santa Maria Formosa e Santa Marina) e lo storico negozio di calzature che gli stava di fronte.

Un fenomeno per alcuni versi inspiegabile, considerato che propongono tutti, ma proprio tutti, gli stessi articoli e che sono articoli da qualche decina di euro a fronte di affitti che possono raggiungere i 4-5 mila euro al mese quando si tratta di locali affittati, se non acquistati, a pochi passi da piazza San Marco.

«Ormai stanno aprendo e stanno comprando dappertutto – spiega il presidente di Confesercenti Piergiovanni Brunetta – non passa giorno che non apra un nuovo negozio cinese; il tempo di una settimana, dopo una mano di bianco e due scaffali, e sono già dentro».

E’ accaduto a una velocità sconvolgente in calle dei Fabbri, diventata una vera Chinatown del centro storico dove i cinesi hanno incominciato con quattro borse e ora gestiscono bar, ristoranti, pizzerie. L’ultimo acquisto, di qualche settimana fa, è l’ex negozio di dolci a sua volta ex agenzia di viaggi di fronte all’albero Bella Venezia. Rimasto chiuso 48 ore, ha riaperto con le solite borse, borsette, tracolle, valigette, portafogli, cinture made in China, in quantità esagerata e a prezzi minimi.

L’edicola del cinema Italia che parla cinese, però, è un’altra storia. E’ un piccolo terremoto di quartiere, commerciale e culturale. E’ Repubblica che diventa Lepubblica. Sono i souvenir che scalzano i giornali perchè i nuovi gestori dagli occhi a mandorla hanno già capito come butta e più che ai veneziani pensano ai turisti.

«L’edicola di Cannaregio è un esempio eclatante dello sconvolgimento commerciale che sta vivendo la città a tutti i livelli – continua Brunetta – Ormai lo stravolgimento riguarda intere zone che prima erano periferiche e ora sono sempre più centrali, a due passi da Piazza San Marco. I cinesi si prendono tutto: negozi, bar, ristoranti, a Mestre interi condomini, e ora anche l’edicola. E’ un fenomeno preoccupante perchè sta modificando profondamente la tipologia commerciale del centro storico, che peraltro soffre già dell’apertura incontrollata di botteghe di maschere e vetro a un euro. Sarebbe interessante capire come si giustificano tutte queste aperture e con quali capitali vengono realizzate. Ed è un fenomeno dannoso anche per i turisti che vengono a Venezia e trovano sempre meno “venezianità”».

Ora (forse) tocca alla Sala da gioco al ponte delle Paste la cui apertura, più volte annunciata, sembra essersi momentaneamente fermata. Non si placano invece le proteste degli abitanti della zona. Volantini, foglietti e persino un lenzuolo in campo San Canciano. Messa così, a quando il primo albergo?

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