La veneziana Sacaim nei guai per il Mose del lago di Como

Guardia di finanza a caccia dei documenti nella sede di Marghera: la Procura ha aperto un'indagine per turbativa d'asta
Il lungolago di Como dove Sacaim sta realizzando le opere di difesa
Il lungolago di Como dove Sacaim sta realizzando le opere di difesa

VENEZIA. Non c’è pace per il Mose e questa volta nulla a che fare con la laguna di Venezia: nella bufera è finito il progetto che dovrebbe impedire alle acque del lago di Como di invadere il centro città in caso di piena. Le chiamano, infatti, «mini Mose»: sono le paratie che la ditta veneziana Sacaim sta costruendo nella cittadina lombarda, i cui costi sono lievitati da 12 a 30 milioni di euro: ieri, la Guardia di finanza, su ordine del procuratore della Repubblica di Como Nicola Piacente ha perquisito una decina tra uffici e abitazioni, tra cui quelli del Comune di Como, dell’attuale sindaco e di quello precedente e, in provincia di Venezia, le case di Graziano Maggio, direttore di cantiere della Sacaim dall’inizio dei lavori, e Michele Defina, il responsabile della progettazione della ditta veneziana dal dicembre 2002. Sotto inchiesta sono anche l’attuale sindaco di Como Mario Lucini del Pd e quello precedente, Stefano Bruni di Forza Italia. Inoltre, tra gli indagati vi sono altri quattro dirigenti del Comune lombardo, Antonio Viola, Antonio Ferro, Giuseppe Cosenza e Piero Gilardoni, tutti coloro che hanno seguito gli appalti e gli interventi dall’inizio al 2013.

L’inchiesta era partita alcuni anni fa per reati ambientali ed edilizi, muri di cemento nel lungo lago in pieno centro che avevano scandalizzato tanti e soprattutto i pubblici ministeri, adesso si è aggiunta la relazione firmata da Raffaele Cantone, il magistrato napoletano messo al vertice dell’Autorità anti corruzione, che ha analizzato gli ultimi appalti e così la Procura di Como ha contestato anche il reato di turbativa d’asta, lo stesso per il quale è finito in manette due anni fa il presidente del Consorzio venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, il padre del Mose veneziano. Avrebbero truccato gli appalti di Como, stando agli accertamenti delle «fiamme gialle», prima di tutto procedendo «all’artificioso frazionamento degli incarichi in violazione della normativa sui contratti» e per evitare le gare pubbliche, in modo da incaricare una ditta «amica», nell’ambito della terza perizia di variante.

Ad essere coinvolti sono dirigenti e tecnici della vecchia Sacaim, quella ai vertici della quale c’era la famiglia veneziana degli Alessandri, quella che in grave crisi è finita anche in amministrazione straordinaria per evitare il fallimento e alla fine è stata salvata dall’impresa edile friulana Rizzani de Eccher nel 2013, che ha acquisito la ditta lagunare e che nulla avrebbe a che fare con le indagini di Como. Un’azienda importante, che in laguna ha compiuto lavori a monumenti noti in tutto il mondo, come il campanile di San Marco, le Gallerie dell’Accademia, la nuova Fenice.

Ma non è nuova alle indagini della magistratura: nell’estate di due anni fa, ad esempio, Pierluigi Alessandri, nel 2010 ancora ai vertici della Sacaim, ha raccontato ai pubblici ministeri veneziani Stefano Ancilotto e Stefano Buccini di aver consegnato in varie occasioni quell’anno, sia nella sua villa di Cinto Euganeo ora confiscata dallo Stato sia in casa della figlia a Monselice, complessivamente 115 mila euro all’ex ministro Giancarlo Galan e altri 30 mila all’ex assessore regionale ai Lavori pubblici Renato Chisso.
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