Isola di San Clemente ora tutti vogliono i tesori della chiesa

Soprintendenza pronta a restituire dipinti e sculture salvati ma nuovi proprietari, Asl 12 e Curia li rivendicano per sé
Di Enrico Tantucci

VENEZIA. I “tesori” di San Clemente contesi tra i nuovi proprietari dell’isola della laguna da una parte - la società milanese Italease che ha ceduto in leasing ventennale il complesso al gruppo turco Permak che gestirà il nuovo albergo di lusso St Regis Venice Palace che aprirà ad aprile - e la Curia e l’Asl 12 dall’altra. Stiamo parlando del patrimonio di dipinti, sculture e apparati ecclesiastici della settecentesca chiesa di San Clemente che furono messe in sicurezza agli inizi degli anni Novanta dalla Soprintendenza, quando l’isola era abbandonata e razzìe e furti si susseguivano senza alcun controllo, fino alla denuncia di Italia Nostra, con una mostra e una pubblicazione che documentava il gravissimo stato di abbandono, che diede inizio all’operazione recupero.

Le opere di San Clemente salvate dalla distruzione e dai furti - tra cui dipinti di Giambattista Pittoni, Gregorio Lazzarini, Jacopo Marieschi, Antonio Zanchi e busti di Juste Le Court - sono state conservate in questi anni in deposito nei laboratori di restauro dell’Abbazia di San Gregorio della soprintendenza per il polo museale, ma anche, in parte al Museo Diocesano e alla Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro. Quando l’isola di San Clemente - inizialmente di proprietà dell’Azienda sanitaria locale veneziana numero 12, che poi l’ha venduta - fu finalmente recuperata dai nuovi proprietari e trasformata appunto in albergo di lusso, la Soprintendenza ai Beni Architettonici, con l’architetto Renato Codello scrisse una lettera ai nuovi proprietari, proprio perché le opere della chiesa di San Clemente tornassero nella loro sede naturale.

Ma nulla è di fatto accaduto in questi anni fino ad ora, quando l’Italease ha ricevuto dal gruppo Permak notizia della possibile restituzione delle opere e si è attivata per riportarle nella chiesa, affidando l’operazione recupero al professor Giuseppe Cristinelli, ordinario fuori ruolo di Restauro all’Iuav.

Il punto è che anche l’Asl 12 - che aveva la proprietà dell’isola - e la Curia Patriarcale, rivendicando a loro volta parte delle opere, che rischiano così di essere nuovamente smembrate anziché tornare nella loro sede naturale: appunto, la chiesa di san Clemente in isola.

«Queste opere sono nate per questa chiesa», sottolinea il professor Cristinelli, «che ora è nuda e spoglia e che con il loro ritorno riacquisterebbe la sua identità storico-artistica. Questo dovrebbe essere l’interesse di tutti, partendo proprio dalla Soprintendenza, evitando un’ulteriore dispersione che non avrebbe senso».

L’Asl, già a novembre ha rivendicato 18 dipinti e sette sculture che erano presenti a San Clemente e che non erano legate alla sua architettura e anche la Curia Patriarcale ha a sua volta scritto alla Soprintendenza, rivendicando altre opere di San Clemente, che conserva nel Museo Diocesano. Starà ora alla Soprintendenza sciogliere la matassa e decidere se - come sembra logico - riportarle alla chiesa per cui erano nate, o decidere diversamente.

E a proposito di San Clemente, il commissario Zappalorto ha di recente “monetizzato” gli spazi a uso pubblico dell’isola destinati a impianti sportivi lasciandoli al gruppo Permak per circa 80 mila euro.

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