«Il vero business è il turismo culturale»

Manente (Ciset) indica la strada: «Il turismo balneare destinato a calare, bisogna investire fin d’ora nel territorio»

Il turismo è davvero “gallina dalle uova d’oro” solo se l’offerta di soggiorno «ha una spiccata attinenza culturale e di valorizzazione del paesaggio, con proposte dinamiche, vivaci e che puntano anche sui giovani» come i “millennials”, i ragazzi tra i 20 e i 25 anni che, quando viaggiano vogliono una esperienza da vivere in prima persona. E non si possono più considerare, oggi, un turismo “povero”. Il viaggio diventa esperienza diretta e grazie alla tecnologia (realtà aumentata, giochi virtuali, servizi mobili in tempo reale e sapiente uso dei media),vede i giovani diventare “testimonial” della vacanza e di un luogo. Come fanno per esempio i “fandom”, le tribù di giovani appassionati, pronti a muoversi ovunque e a spendere per le loro passioni. Sia quella per Harry Potter o di Game of Thrones. Lo ha spiegato, con chiarezza, Mara Manente, direttore di Ciset-Centro Internazionale di Studi sull'Economia Turistica di Ca’ Foscari, a forte Marghera, in occasione della nascita di “Culturmedia”, il settore delle cooperative di Lega Coop veneto, specializzate in turismo, cultura e comunicazione.

Il turismo anche a Venezia va svecchiato. Subito. Perché Venezia, con i suoi 30 milioni di visitatori è «concorrente delle sue attrazioni», dice la Manente. I musei veneziani non sono tra i primi 5 siti statali visitati in Italia (che raccolgono oltre 15 milioni di visitatori, il 30% di quelli dei siti statali) solo perché i Musei civici sono del Comune ma anche perché le Gallerie dell’Accademia accolgono 450 mila visitatori l’anno, e il museo archeologico di Altino non arriva invece a 10 mila visitatori l’anno. Ci sono potenzialità di rete, tra musei e territorio, che vanno promosse con offerte turistiche differenti e che puntano sulla esperienza per aprire nuovi mercati, valorizzando luoghi e territori; per offrire al turista una esperienza, coinvolgente e memorabile che lo porti a venire ma anche a tornare. Nelle città d’arte, spiegano i dati del Ciset, tra 2011 e 2016 gli arrivi sono aumentati del 13,4 per cento e le presenze del 11,6 per cento con stime per il 2017 di più 5,5 % di arrivi e più 7% di presenze. I turisti che viaggiano per motivi culturali sono quelli che spendono di più. Un turista balneare spende 89 euro in media in vacanza; quello culturale arriva a spendere 133-150 euro: il 38% in ricettività; il 16 per cento in ristorazione e cibo; il 16 per cento in shopping (prodotti dell’artigianato o tipicità locali) e l’11,7 per cento in trasporti. Tra i turisti balneari solo «5 su 100 acquistano prodotti enogastronomici e 17 su 100 artigianato». Il turismo in Italia ha visto un boom in questi anni, complice il terrorismo che ha messo in forse la sicurezza nell’area del Mediterraneo, facendo crollare l’economia turistica di Turchia e Egitto. Ma nel 2020, «quando la situazione internazionale migliorerà, il turismo balneare avrà un rallentamento di flussi e sarà solo la cultura a garantire grande redditività. Occorre lavorare bene fin da subito», avverte, quindi, Manente.

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