Il sequel di Fois abita sempre a Nuoro

“Nel tempo di mezzo”, per dirla in linguaggio cinematografico, è un sequel, il secondo capitolo di una possibile trilogia cominciata nel 2009 con “Stirpe”. Alcuni personaggi sono comuni, ma soprattutto la stessa è la famiglia raccontata, la famiglia Chironi e con essa la città, Nuoro, qui colta nel momento in cui termina di essere un grosso paese e, negli anni quaranta, si avvia ad essere capoluogo con pretesa cittadina. Una saga familiare che continua, aggiungendo altri trent’anni di novecento, dal 1943 agli anni settanta, ed un seguito di sofferenze, di morti, di rimpianti pur con alcuni momenti felici, perché di questo è fatto –suggerisce Fois- l’impasto della vita, specie in un isola antica e fatale come la Sardegna. In “Stirpe” si raccontava la vita di Michele Angelo, il nonno fabbro e con lui la nascita di Nuoro, dall’incontro tra il borgo dei pastori, San Pietro, e quello di contadini, Seuna. “Nel tempo di mezzo” c’è ancora Michele Angelo ormai invecchiato, c’è la figlia Marianna, unica sopravvissuta di dolorose vicende familiari, ma il protagonista è il nipote Vincenzo, comparso all’improvviso, proveniente dal Friuli, dove a lungo è stato creduto orfano e senza famiglia. Un miracolo, un rigenerarsi della vita e della storia, anche se l’ombra cupa della punizione incombe sempre, perché nel mondo raccontato da Fois la felicità chiama sempre l’infelicità. E dunque anche Vincenzo, come Michele Angelo, conoscerà il successo, conoscerà l’amore, ma non potrà evitare la tragicità della esistenza, che in Sardegna sembra essere racchiusa e inclusa nella natura stessa. Marcello Fois è, con il più anziano Salvatore Niffoi e la più giovane Michela Murgia, la voce più riconosciuta della letteratura sarda, il cantore del nuorese. Eccettuati i suoi primi noir urbani scritti in parallelo a Carlo Lucarelli, a partire dagli anni novanta Fois è tornato sempre più alla Sardegna, pur continuando a vivere a Bologna. Lo ha fatto prima con una trilogia gialla ambientata nell’ottocento e incentrata sulla figura del poeta e avvocato nuorese Sebastiano Satta, poi con romanzi non più di genere, a partire da “Memoria del vuoto” del 2006, vincitore dei premi Grinzane, Volponi e Alassio. All’inizio di “Stirpe” Fois ha dato una definizione del suo stile che vale anche per “Nel tempo di mezzo”. “Basta afferrare il tono giusto –scrive- dare alla voce quel calore interno di impasto che lievita, sereno in superficie, turbolento nella sostanza”. Ed in effetti così è. Fois racconta una storia passionale e tragica senza mai scomporsi, ricercando da subito una classicità che racchiude nel tono la ineluttabilità dei fatti, mentre quello che scintilla è il contorno: la natura, l’odore, la luce di una Sardegna in cui storia e antropologia si fondono nel segno di una antica immobilità dal sapore biblico.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia