Il rogo della Grenfell Tower un anno dopo: a Londra fiori e lacrime per Marco e Gloria

I familiari in Inghilterra per l'anniversario. L'avvocato Sandrin: "Vogliamo dimostrare il nesso tra incendio e ristrutturazione"
Foto del muro del pianto londinese
Foto del muro del pianto londinese
San Stino. C’è un mazzo di fiori bianchi che difficilmente appassirà perché da un anno, ogni giorno, riceve la luce di due sorrisi. Accanto a quelle facce felici e sognanti ci sono due nomi. Marco e Gloria. Tutto intorno scritte colorate, saluti, pensieri, ricordi, altri fiori, altre foto.
 
epa06804883 A woman and a child look at tributes for the victims of the Grenfell Tower fire in London, Britain, 13 June 2018, on the eve of the tragedy's first anniversary. The fire hit the 24-storey Grenfell Tower block on 14 June 2017 in North Kensington, West London, killing 72 residents. EPA/NEIL HALL
epa06804883 A woman and a child look at tributes for the victims of the Grenfell Tower fire in London, Britain, 13 June 2018, on the eve of the tragedy's first anniversary. The fire hit the 24-storey Grenfell Tower block on 14 June 2017 in North Kensington, West London, killing 72 residents. EPA/NEIL HALL
 
È il muro del pianto di Latimer Road, la strada che Marco Gottardi e Gloria Trevisan percorrevano ogni giorno e ogni notte per tornare nella loro casa di Londra: un appartamento al ventitreesimo piano della Grenfell Tower. «Non è molto grande ma la vista da quassù è stupenda» scriveva Gloria sui social qualche settimana dopo l’inizio della sua nuova vita nella metropoli. Certo nessuno immaginava, all’inizio di questa avventura, una delle tante di giovani che cercano lavoro all’estero, che quel palazzo di 24 piani tra Holland Park e Notting Hill sarebbe diventato una enorme bara verticale. Settantadue morti accertati, 58 dispersi e lacrime e rabbia. È la tragedia della Grenfell Tower, un anno dopo. 
 
Marco e Gloria
Marco e Gloria
 
Doveva essere l’inizio di qualcosa di grande, di un’avventura da togliere il fiato. Giovani, innamorati, con la laurea in tasca e un futuro professionale da costruire. Un quadro perfetto con lo sfondo di Londra, città cosmopolita dove tutto è possibile, dove la vita all’inizio è dura ma poi spesso i sogni si realizzano. Gloria e Marco avevano deciso di percorrere questa strada mano nella mano, sostenendosi a vicenda, racimolando ogni mese oltre mille euro per l’affitto di quei 35 metri quadrati in un palazzo che era una Babele di razze.
 
Il rogo
Il rogo
 
«Insieme è più facile», dicevano agli amici che andavano a trovarli. Cambia tutto in una notte maledetta, dopo un incidente piccolissimo come l’incendio di un frigorifero al quinto piano del palazzo, in un alloggio abitato da un pachistano. Le fiamme si propagano rapidamente. Il materiale isolante, si saprà poi, era il più economico e altamente infiammabile. Si crea il cosiddetto “effetto sigaretta”. Il fuoco sale verso l’alto, marcia con velocità da un piano all’altro, distrugge tutto e avanza insieme al fumo che si fa sempre più nero. Arrivano le squadre dei pompieri, intimano a tutti di rimanere nelle loro case. Marco e Gloria obbediscono. E chiamano a casa. «Qui c’è un incendio ma va tutto bene», dicono nelle prime comunicazioni.
 
I genitori vengono svegliati alle tre di notte, lì per lì non capiscono la portata di quello che sta per accadere. La tragicità delle conversazioni è una parabola ascendente. La disperazione delle ultime telefonate, tutte registrate da chi dall’Italia pregava per una protezione divina, è qualcosa toglie il fiato. È il testamento d’amore di una figlia che ringrazia la madre per tutto ciò che ha fatto. È l’addio struggente di due giovani che attendono che la morte arrivi, senza poter fare nulla. 
 
«Ogni iniziativa, ogni ricordo e manifestazione anche di solidarietà e vicinanza ci fanno piacere ma anche rinnovavano in noi un dolore fortissimo» ammette Loris Trevisan poco prima di raggiungere l’aeroporto. La destinazione è Londra. Sarà triste, sarà terribile, ci saranno nuove lacrime da versare, ma bisogna guardarlo in faccia questo primo anniversario. Giulio, fratello di Gloria, ha chiesto di poter salire fino al ventitreesimo piano della torre che nel frattempo è stata messa in sicurezza. Vuole vedere, capire. «Io e mia moglie non saliremo» dice invece suo padre. «Non ce la possiamo fare». 
 
Marco, Gloria e gli altri 70 della torre sono diventati un simbolo. Per gli inglesi tutti sono le vittime dell’avidità dell’uomo, perché quel palazzo era il frutto della speculazione più bieca che si può trovare in una metropoli come Londra. Ristrutturazioni fatte al ribasso, affitti alle stelle, misure di sicurezza totalmente ignorate, contratti in subaffitto. Era una council house, una casa popolare. Dovevano abitarci persone con redditi da fame e invece in questa girandola di abusi e violazioni era diventata una residenza su cui lucravano. Tutti tranne chi effettivamente ci abitava. Come Marco e Gloria. 
 
Sì ora c’è l’indagine che l’avvocato Maria Cristina Sandrin ha caricato sulle sue spalle. «Stiamo cercando di dimostrare un particolare nesso di causalità nell'ambito dei lavori di ristrutturazione». Dalla carenza di acqua nell'impianto antincendio, che ha costretto i pompieri a lavorare solo con le autobotti, al mancato funzionamento dei dispositivi di rilevazione fumi, fino all’impossibilità di accedere al tetto perché il cancello di accesso era chiuso a chiave. Il tutto, concatenato all'ordine di rimanere in appartamento, ha portato a questo disastro che oggi tutto il mondo ricorda. 
 

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