Il ricordo di D’Amico anima della Giudecca e della musica popolare

venezia
«Che vegna le me vecie morose, che el prete se tegna ea so crose. Me basta do rose e un poco de sol». Luigi Giordani, factotum del circolo Nardi della Giudecca, legge con un po’ di emozione la frase stampata sul’epigrafe di Alberto D’Amico, cantautore veneziano scomparso il 19 giugno scorso all’età di 76 anni.
Nella sua isola, dove ha abitato fino a 18 anni e che ha descritto in parole e musica come pochi altri, D’Amico è stato ricordato l’altra sera da Roberto Bianchin, Massimo Grandese, Alberto Vitucci. Una figura importante per la cultura veneziana degli ultimi decenni. Ricercatore di musica popolare, fondatore del Canzoniere Veneto insieme alla grande Luisa Ronchini, esponente di spicco della cultura popolare veneziana insieme a Gualtiero Bertelli e Michela Brugnera.
Alle figlie Lisa e Daria Giordani ha consegnato una targa ricordo con su stampato i testo di Giudecca, una delle sue canzoni -imbolo. La descrizione in poesia di un ambiente urbano di grande fscino, degradato ma carico di forza e di energìa. «Giudecca nostra abandonada, vint’ani de lote e sfrutamento... adesso xè riva el momento..de dirghe basta e de cambiar.. a ar...». Parole che tutti in sala cantano a memoria. Segno di un’epoca,s imbolo d una generazione. L’impegno è adesso quello di ricordare Alberto con un libro a lui dedicato.
Prima serata della rassegna «Settimana culturale», giunta alla 39esima edizione. Sabato l’apertura con il premio di pittura, ieri il primo dibattito dedicato all’Autorità per la laguna, con Andrea Martella.
Stasera il secondo appuntamento con il dibattito sui motori elettrici e non inquinanti, domani sempre alle 17.30 la presentazione del libro «Dopo l’Apocalisse l’ipotesi di una rinascita» del senatore Psi Riccardo Nencini, con il segretario provinciale della Federazione dei medici di base Maurizio Scassola. Venerdì infine il dibattito con Pierpaolo Baretta e Nicola Pellicani su «Venezia capitale», sabato si chiude con il premio di poesia. —
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia