Il restauro del crocifisso parla francese

VENEZIA. Dopo l’espulsione per motivi di sicurezza del giovane marocchino senza fissa dimora che lo scorso 12 luglio aveva gettato a terra il crocifisso ligneo del 1700 nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, interviene don Gianmatteo Caputo, architetto e delegato patriarcale per i beni culturali, che si trova in pellegrinaggio a Santiago de Compostela. «Seguo costantemente la stampa nazionale e internazionale. Mi rifaccio alle parole del Papa: “Non è il caso di fare guerre di religioni”. Ma anche la giustizia deve fare il suo corso. Insomma, se avviene un danneggiamento ad un’opera d’arte, tanto più se è un segno religioso, è giusto che ci siano dei provvedimenti che tengano conto di chi li ha commessi. Comunque ci sono casi e casi da valutare di volta in volta. Dalle informazioni che ho dell’atto vandalico-sacrilego sembrava che questa persona fosse un po’ squilibrata, che farneticasse. Non conosco la diagnosi e nemmeno le motivazioni del protagonista dell’atto che ha danneggiato l’antico crocifisso, non si sa se per problemi psicologici o dettati da ideologia».
Il Cristo con il braccio spezzato sarà restaurato? «Sì e lo farà il Comité français pour la sauvegarde de Venise. Il presidente Jérôme-François Zieseniss ha subito manifestato la generosa disponibilità. È un atto d’amore per Venezia. Ora il crocifisso è stato ricoverato per le valutazioni sull’intervento di restauro. Speriamo quanto prima possa essere restituito alla devozione dei fedeli».
Cosa richiamano le espulsioni? «Mi auguro che quello che si sta mettendo in atto sia un segno che richiama la responsabilità. Quello che più pesa è la perdita di serenità e di pace anche nelle persone che non sono assolutamente coinvolte. E quindi portano a reazioni quasi estremistiche da parte di tutti. Si reagisce più per slogan, per reazioni impulsive che per logica e coerenza».
Allora che cosa è bene fare? «Trovare un richiamo comune anche in ragione delle religioni monoteiste: l’ebraica, la cristiana, la musulmana. La vita è un valore per tutte le religioni. Il richiamo è quello di trovare nella nostra fede la ricerca di pace e di emarginare i casi reali di integralismo che generano violenza; chi cerca la violenza per la violenza, il male per il male. Papa Francesco ha usato termini molto duri: questa guerra non è una guerra di religioni ma una guerra che ha alle spalle chi costruisce armi, chi cerca mercati disonesti. Siamo infine in una situazione dove anche i fratelli musulmani sono consapevoli di dover emarginare queste situazioni violente. I modi per difenderci? La conoscenza e l’accoglienza re reciproca, il rispetto gli uni degli altri, la ricerca della pace, il riconoscimento di una fratellanza universale».
Nadia De Lazzari
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