Il carcere come un set fotografico i sorrisi delle detenute in un libro

Giorgio Bombieri ha immortalato le recluse e le volontarie che si sono prestate a fare da modelle Trucco, acconciature e vestiario curati dalle recluse che hanno seguito un corso per estetiste  

VENEZIA. Per due giorni ad aprile il carcere femminile della Giudecca ha ospitato un set fotografico professionale. Una quarantina di detenute coinvolte, ognuna con una propria storia, ma tutte le novanta ospiti hanno voluto vedere e dare una mano, incuriosite - e non potrebbe essere stato altrimenti - da questa novità.



Una stanza trasformata in set tra luci e flash, con il fotografo professionista Giorgio Bombieri che per una volta si è dedicato alla fotografia glamour. Con lui anche una ex top model, Bali Lawal, che dopo aver solcato le passerelle di grandi stilisti come Armani, si è inventata una nuova vita come operatrice culturale ed è arrivata con un borsone pieno di vestiti, che ha poi lasciato in carcere, e trucchi professionali per le pelli nere.



Con loro le volontarie dell’associazione Rio Terà dei Pensieri che compie quest’anno 25 anni di attività. Le volontarie si sono mescolate alle detenute che si sono prestate a fare da modelle mentre altre compagne di cella le truccavano, pettinavano, vestivano, dopo aver partecipato per mesi ad un corso professionale per diventare estetiste.



Da questi due giorni intensi di scatti fotografici, costretti dentro le mura di un carcere, nasce “Al Femminile”, libro di ritratti e pensieri che viene messo in vendita ora dalla cooperativa veneziana nel suo punto vendita di Fondamenta dei Frari, il “Process collettivo”, e online. Un libro che è un atto di libertà, come solo un gioco può fare, per liberare la bellezza anche dentro un luogo di restrizione per antonomasia come è il carcere.



Il ricavato della vendita del libro va a finanziare un nuovo progetto di Rio Terà dei Pensieri. Ovvero un nuovo centro d’ascolto per detenuti, uomini e donne, che, una volta scontata la pena, tornano alla vita normale e hanno bisogno di sostegno e aiuto per reinserirsi, specialmente per trovare un lavoro. Tornare alla vita di tutti i giorni non è facile, è un percorso che necessita di sostegno. E questo il centro d’ascolto intende fare.



Scorrendo le pagine del libro “Al Femminile”, non si riescono a distinguere del tutto le donne che sono in carcere dalle donne libere, le volontarie. «Era uno degli obiettivi del progetto, mischiare le carte e puntare sul concetto di bellezza femminile», spiega Liri Longo, presidente della cooperativa. «Volevamo tanto fare un lavoro sulla bellezza. Tutto è nato da un corso per detenute per diventare estetiste, realizzato con il sostegno del Soroptimist e l’aiuto del Centro di Formazione Professionale San Luigi di San Donà. Ha collaborato anche la stylist Claudia Bombieri», racconta la presidente della cooperativa, «Bellezza significa prendersi cura di se stessi e non è facile farlo in un luogo di detenzione. Prendersi cura del proprio corpo significa testimoniare uno stato di benessere».



Nel libro ecco anche i contributi di Gabriella Straffi, ex direttrice, ora presidente del Soroptimist. Il mondo del carcere è cambiato, spiega. «Da parecchi anni il carcere è mutato; con l’apporto di cooperative e volontariato si è aperto all’esterno, soprattutto con la creazione di opportunità di lavoro significative. Un aiuto a riconquistare un senso di quotidianità. Non solo e non tanto una “alternativa alla cella”».

Liri Longo aggiunge: «Se in questo libro non si riconoscono le detenute dalle volontarie è anche perché vogliamo far capire che una donna in carcere non è una specie a parte. Si tratta di persone, con la loro personale bellezza, al di là del proprio stato detentivo».



Il fotografo Giorgio Bombieri non nasconde la bellezza di quei due giorni di scatti. «Vent’anni fa avevo realizzato un progetto fotografico in carcere e sono tornato ritrovando la direttrice Antonella Reale. Il set è durato due giornate, intense, belle, piene di eccitazione. Tra trucchi e vestiti in carcere non si parlava d’altro. La sensazione era che non fossimo dentro; la felicità delle partecipanti era tale che eravamo tutti fuori».

A confermarlo è anche la testimonianza di Vania Carlot della cooperativa Rio Terà dei Pensieri: «Una esplosione di gioia e bellezza ha travolto molte donne, recluse o di passaggio, in un gioco fatto di trucchi e abiti inusuali; volti trasformati, abbelliti, pronti ad incontrare se stessi e l’altro». —


 

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