I senzatetto attori in costume

Le riprese del film di Serena Nono. Sul set anche l’ex assessore Mara Rumiz
Di Marco Petricca
Pellicani Venezia 13.03.2012.- Riprese del Film "Venezia Salva" di Serena Nono. Campiello del Remer. Nella foto Mara Rumiz.- Interpress
Pellicani Venezia 13.03.2012.- Riprese del Film "Venezia Salva" di Serena Nono. Campiello del Remer. Nella foto Mara Rumiz.- Interpress

La società Giano di David Riondino e Sabina Guzzanti produce il film che Serena Nono gira fino al 5 aprile a Venezia. Insieme allo stesso Riondino, nel film apparirà l’ex-assessore alla Cultura di Ca’ Farsetti, Mara Rumiz. «E il settanta per cento del cast», anticipa Serena Nono, che ha iniziato le riprese lunedì scorso nel Teatrino Groggia, «è composto dai senza tetto della Casa dell’ospitalità di Venezia e Mestre». Un film storico che racconta la «controversa» congiura del 1618 messa in piedi ai danni della Serenissima dall’ambasciatore Alonso de la Cueva y Benavides, nonché marchese di Bedmar. Il terzo film di Serena Nono, dopo il premiato Via della Croce, che partecipò alla Mostra Interazionale del Cinema. Siamo negli anni foschi dello spionaggio spagnolo e del controspionaggio veneziano; dell’Inquisizione e della Repubblica del Leone insidiata dal potente impero iberico per la spartizione dell’Adriatico. In una Venezia attraversata da capitani di ventura, spie, emarginati e novellisti che complivano «i riporti», i dispacci diremmo adesso, poi indirizzati alle ambasciate di mezzo mondo. Ieri due scene sono state girate nel campiello e nella corte del Remer, a ridosso del Canal Grande, spade, pizzi e cappelli del Seicento. In una mattina assolata, al Remer non c’era nessun segno che indicava l’oggi. E Serena Nono sceglie una specie di realismo storico per reinterpretare quella festa dell’Assenza del 1618, quando avvennero i fatti. La scelta registica consegna all’immagine in movimento, i volti dei senza tetto del 2012, privi di imbellettamenti, ma dai tratti ruvidi, scavati dalla vita, così come dovevano essere le facce dei congiurati di Bedmar disposti alla spada pur di impadronirsi delle ricchezze del Leone e fuggire la miseria. Un messaggio attraversa il film e mette in fila la serie degli avvenimenti. E’ lo stesso che Simon Weil sceglie nella sua tragedia incompiuta, «Venezia Salva», portando sulla scena l’impero cupo di Bedmar e da cui infatti Nono trae il titolo del film. «Ed è che la bellezza ci salverà», chiosa Nono, ma «una maturazione lenta che avviene nella coscienza del capo dei congiurati, Jaffier, che si trasforma poi in una rinuncia». Non bruciamo il finale, visto che il film è tutto da girare. Però di certo questa è una delle tante interpretazioni di quei fatti. Per alcuni storici la congiura è del tutto inventati dagli stessi veneziani per buttare cattiva luce sui potenti spagnoli. Rimane un appunto del 1616 che testimonia che la congiura venne scoperta dalla Repubblica grazie all’infiltrazione di una spia, Alessandro Grancino, nella rete di Bedmar e per volere dell’Inquisizione. «Un poverissimo giovane», lo descrive Bedmar, «che per guadagnarsi il vivere andava inventando avvisi, relationi et altre cose apropriate alli interessi di qui Prencipi». Declinando all’attualità la congiura del marchese, traendone l’aspetto simbolico, diventano molte le chiavi di lettura e i fatti che vi si potrebbero specchiare. L’aiuto regia è di Manuela Pellarin, il direttore della fotografia è Tarek Ben Abdallah, la scenografia di Serena Boccanegra. La coproduzione per 100mila euro è di Rai Cinema.

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