«Fallito per colpa dello Stato»

Ha letto dei risultati dell’inchiesta della Procura della Corte dei Conti sul Ponte di Calatrava - che ha contato 3,4 milioni di euro di danni per le casse del Comune, per errori nella progettazione e nella gara d’appalto - e si è arrabbiato. Perché il geometra Lino Lorenzon per il Quarto Ponte ci ha rimesso l’azienda, andata in fallimento. Con la (allora) sua Techmec System, di Noventa di Piave ha fuso e dovuto fondere nuovamente, alcuni conci dello scheletro del ponte, a causa di quelli che ritiene essere stati errori di progettazione non rilevati: per lui le spese si sono impennate oltre i 3 milioni, ma non è stato pagato. E, ora, con l’impresa Cignogni che quell’appalto vinse - e per il quale anch’essa rischiò la crisi - è in causa contro il Comune al Tribunale civile: un contenzioso da 14 milioni di euro, in una battaglia legale tra periti sulle responsabilità degli aumenti di costo di un ponte messo a gara per 6,7 milioni e che ne è costato sinora 11,2 e con Ca’ Farsetti che a sua volta ha citato Calatrava in giudizio.
In mesi drammatici di suicidi d’imprenditori e lavoratori rimasti disoccupati, Lorenzon si ritiene un uomo salvato dalla famiglia e vuole raccontare la storia della sua azienda uccisa dalla crisi e da due appalti pubblici, per il Ponte della Costituzione e per la stazione di Porta Susa: «Lo Stato è il primo ladro, come cliente. I politici sanno come ci si sente a fallire e lasciare a casa 170 persone perché non si viene pagati? Che fine hanno fatto tutti quelli in prima linea quando si trattava di prendersi gli onori? Mi dà forza la speranza di rivalermi su tutto e su tutti». «Nominare il Ponte di Calatrava è quasi evocare una maledizione», scrive Lorenzon in una lettera-sfogo, «eppure il Ponte è stato portato a termine con indiscutibile perizia proprio dalle aziende, ha superato i collaudi, è usato ogni giorno da migliaia di persone, è un’opera di cui qualsiasi città andrebbe fiera. Perché ha dovuto perire proprio chi lo ha realizzato?». Certo, prosegue, «il Comune si trova in difficoltà per i costi non correttamente preventivati e lievitati in fase di costruzione, ma amministrazione e tecnici sono prontamente indietreggiati dalla prima fila, felicemente occupata quando ricevevano gli onori. Ho visto andare distrutti tutti i sacrifici di una vita, ho perso un’azienda nata dall’esperienza di mio padre e portata da me alla ribalta internazionale. Rivolgo il mio disappunto verso la classe politica che sembra non interessarsi e non compie atti concreti verso gli imprenditori, e con essi verso la classe operaia che sta pagando le pene di tanti fallimenti aziendali». «Il futuro fa paura, nel timore di non poter nemmeno assicurare un avvenire sereno alle famiglie», conclude Lorenzon il suo J’Accuse, «questa disperazione sta portando molti imprenditori a scegliere la morte come liberazione dell’enorme fardello della loro rovina. So cosa provano e posso solo ringraziare la mia famiglia che mi sostiene e mi aiuta a non perdere la speranza di una possibile e, mi auguro, vicina rivincita su tutto e tutti». Nonostante tutto, Lorenzon ama il Ponte della Costituzione: «Mi addolora non vedere considerati gli sforzi e la passione che tanti hanno profuso nella realizzazione di quest’opera. Sapevo che non si sarebbe trattato di un ponte qualsiasi, ma di un’opera d’arte. Di certo non ero a conoscenza che ”tutti sapevano che i soldi non sarebbero bastati”, come ha recentemente affermato il professor Enzo Siviero: perché, allora, il lavoro è stato egualmente appaltato nonostante una copertura economica quantomeno dubbia, con 5 perizie, 80 nuovi prezzi, e altro ancora?». «Questa vicenda è vergognosa», «credo nella giustizia e conto che tutti i manigoldi di questa brutta storia saranno chiamati a rispondere» chiosa Bruno Cignoni, l’imprenditore che vinse la gara d’appalto del Comune. Gara sbagliata - secondo il procuratore contabile Scarano - perché si cercò un’azienda che sapeva fare strade per un ponte d’acciaio: l’inizio della corsa al rialzo dei prezzi. «Leggo che il presidente Napolitano tornerà a Venezia», chiude Cignogni, «quando venne dopo l’inaugurazione ci assicurò che tutto sarebbe stato risolto. Dica agli amministratore di mantenere gli impegni presi».
Roberta De Rossi
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