«Dai no global a Greta Il movimento è cambiato Meno antagonismo più clima e ambiente»

l’intervista
A Venezia in occasione del G20 dell’Economia, il contro-meeting non richiama nel giorno della protesta più di 6000 persone. Organizzano associazioni e gruppi appartenenti al movimento No Global. Un fatto straordinario per un movimento che negli anni ha smosso masse di giovani, ma anche gente adulta e anziani. «Non è un fatto straordinario è la realtà uscita prima da quello che fu il G8 di Genova e poi dalle proteste del 2003 contro la Guerra nel Golfo che non riuscì a fermare», spiega il professor Paolo Graziano dell’Università di Padova, docente di Scienza politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Professore a contratto presso l’Università Bocconi di Milano e Chercheur associeé presso l’Osservatorio sociale europeo di Bruxelles. I suoi temi di ricerca includono: politiche europee, movimenti sociali e nuove forme di partecipazione politica, democrazia partecipativa, consumo critico.
Professor Graziano, è possibile un così esiguo numero per un argomento, come l’Economia mondiale, che un tempo avrebbe richiamato in piazza decine e decine di migliaia di persone?
«Dopo Genova 2001 e il fallimento delle manifestazioni contro la guerra in Iraq del 2003, il “movimento dei movimenti” ha cambiato pelle: da momenti di confronto in piazza, che spesso diventavano occasione di scontro, si è spostato su un altro livello. Il livello delle proposte per un'ecomomia alternativa, a partire dalla dimensione locale. Non sorprende, dunque, la previsione di un numero esiguo di persone in piazza».
Nel 1999, proprio in occasione di un G8 su economia e finanza in programma a Londra, a Seattle nasceva il movimento “No Global”. Cosa resta di questo movimento?
«È stato un movimento che ha introdotto temi che oggi sono al centro dell'agenda politica mondiale: la necessità di ripensare il modello di sviluppo, l'emergenza climatica, la lotta alla disuguaglianza. Si potrebbe dire che il movimento, repressione a parte, è stato vittima del suo successo: i temi che un tempo parevano di nicchia, sono ormai considerati priorità da quelle organizzazioni internazionali che a Seattle e a Genova venivano contestate. Ad esempio, oggi è la Banca Mondiale che individua nella lotta alla disuguaglianza e nella necessità di una ridistribuzione del reddito le priorità dell'agenda politica internazionale».
I “No Global” sono ora padri di famiglia. Hanno perso la spinta “rivoluzionaria”, o sono cambiati i temi?
«Sono cambiate le pratiche, non la spinta “rivoluzionaria”. E i temi sono sempre più al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica mondiale. Tuttavia, come è sempre accaduto nei movimenti sociali, è possibile che in parte siano cambiate delle priorità di vita delle persone».
Il 2018 è un anno spartiacque. Appare Greta Thunberg, nasce “Fridays for Future”, ma soprattutto troviamo nelle grandi manifestazioni la “Generazione Z”, ragazzi non ancora nati nel 1999 e che del G8 di Genova hanno saputo solo leggendo sui giornali i resoconti dei processi.
«Fridays for Future è un degno erede del movimento dei movimenti (cosiddetto “No Global”). Erede nei contenuti (con una maggiore enfasi sull'ambiente e sulla lotta cl cambiamento climatico), innovatore nei metodi. A dimostrazione che il desiderio di partecipare e di fare politica è vivo più che mai. È una politica che enfatizza la proposta e riduce i momenti di pura protesta. Si pensi ai “venerdì per il futuro”: non si è mai assistito a episodi di violenza».
Quanto contano i nuovi mezzi di comunicazione?
«I nuovi mediaconsentono ai nuovi movimenti di essere molto più efficaci, anche al di fuori delle piazze. Internet è diventata una nuova piazza virtuale che ha consentito alle pratiche di movimento di diventare sempre più conosciute, apprezzate e condivise».
Ma tra i ragazzi c’è sempre voglia di fare politica?
«Certo. Milioni di ragazzi, ispirati da Greta, stanno mettendo al centro molto dei temi “classici” del movimento dei movimenti. E se l'Ue ha appena approvato la legge sul clima (EU climate law) lo si deve anche a loro». —
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