Da crosta a dipinto di Vittore Carpaccio, scontro in Tribunale

Il pm Roberto Terzo ne ha chiesto la confisca, la gip la nega ma chiede alla Procura di coinvolgere la Soprintendenza

Roberta De Rossi
Il Leona marciano dipinto dal Carpaccio (non il dipinto della querelle)
Il Leona marciano dipinto dal Carpaccio (non il dipinto della querelle)

Per il pubblico ministero Roberto Terzo (che ne ha chiesto la confisca) si tratta di un prezioso dipinto del celebre pittore veneziano Vittore Carpaccio, artista nato nel 1465 e morto 1525. Un’opera - per la Procura - che, dunque, non può lasciare l’Italia e che invece un antiquario veneziano vorrebbe esportare negli Stati Uniti, per una esposizione.

Attorno a questo dipinto si sta svolgendo un braccio di ferro giudiziario, che non si è ancora risolto e che vede coinvolta anche la Soprintendenza di Venezia. La versione del gallerista veneziano - così come la rappresenta l’avvocato difensore Tommaso Bortoluzzi - è che il dipinto sia stato regolarmente importato temporaneamente dall’Austria in Italia nel 2011. La Procura, da parte sua, contesta che - in quell’occasione - il quadro venne presentato come un semplice dipinto di scuola veneziana e valutato solo 10 mila euro: una cifra ben inferiore al suo valore. La Sovrintendenza, d’altra parte - sostiene sempre la difesa - ha rinnovato per due volte l’importazione temporanea del dipinto, nel 2016 e nel 2021, senza porre ostacoli.

Nel frattempo, però, quel quadro di “ scuola veneziana” viene certificato come un’opera di Vittore Carpaccio. Un salto di qualità e valore enorme.

Il dipinto salta all’attenzione della Procura quando nel 2023, il gallerista chiede l’autorizzazione per esportare il dipinto temporaneamente negli Stati Uniti perché sia esposto in una mostra (assicurandolo per un milione di dollari).

A questo punto, però, un’esperta della Soprintendenza dichiara di aver visto lo stesso dipinto in Italia negli anni Sessanta e così scatta la denuncia per esportazione abusiva: dall’Italia all’Austria, da dove poi è ritornato nel 2011. In prima battuta è la stessa Procura a chiedere l’archiviazione dell’antiquario, perché il reato di esportazione illegale è ormai prescritta, ma chiede la confisca dell’opera.

La giudice per le udienze preliminari Ardita archivia e nega la confisca sostenendo che non vi sia prova che sia stato l’antiquario, ora proprietario, ad esportare il dipinto in maniera illecita.

La richiesta di archiviazione non era stata però notificata alla Sovrintendenza e così si arriva alla decisione presa ieri dal giudice Marco Bertolo, che ha disposto che gli atti tornino alla Procura affinché chieda nuovamente archiviazione, ma avvisando anche il sovrintendente, che potrà - se vorrà - opporsi e chiedere la confisca del prezioso dipinto rendendolo al patrimonio pubblico.

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