Cronenberg tra le carcerate della Giudecca «Un film su Venezia? Partendo da qui»

L’INCONTRO«Vorrei fare un film a Venezia, ma non nella Venezia conosciuta. Ci ho pensato molte volte, mi piacerebbe». Ieri pomeriggio, nel corso dell’incontro annuale con un personaggio del cinema al...

L’INCONTRO

«Vorrei fare un film a Venezia, ma non nella Venezia conosciuta. Ci ho pensato molte volte, mi piacerebbe». Ieri pomeriggio, nel corso dell’incontro annuale con un personaggio del cinema al carcere femminile della Giudecca, il Leone d’Oro alla Carriere David Cronenberg ha parlato anche di Venezia: «Ho girato un film su un gangster russo a Londra (La promessa dell’assassino, ndr)», ha raccontato al gruppo di detenute che hanno partecipato all’incontro organizzato dal regista di teatro del carcere Michelis Traitsis, «Tuttavia nessuno ha riconosciuto i posti perché non m’interessava quella Londra conosciuta, ma quella che nessuno aveva mai visto». Lo stesso vorrebbe fare con Venezia anche se non si sa quando, né ha ancora in mente un canovaccio. «È una città visivamente così emozionante che provoca un regista», ha spiegato alle donne, «L’acqua, l’atmosfera, gli scorci non possono non colpirti, ma se lo facessi cercherei una Venezia irriconoscibile». Una detenuta ha chiesto ironicamente: «Magari potrebbe partire da qui?». e lui ha risposto: «Perché no?». Non sarebbe la prima volta. Prima di ieri il regista era entrato in un solo altro carcere, uno maschile ungherese. Non a caso Cronemberg mostrerà, in occasione del riconoscimento che gli verrà assegnato alla Mostra del Cinema, un film poco conosciuto del 1995, M. Butterfly, che parla di metamorfosi, uno dei suoi temi principali.

L’incontro è iniziato sulle 17 nella sala teatro, dedicata alle attività e ai laboratori creativi. Il regista è arrivato con un’assistente ed è stato molto disponibile. Le sedie erano disposte in circolo, le donne presente una quindicina. Dopo aver parlato del film visto in carcere, Una storia di violenza, le donne gli hanno chiesto come avesse iniziato. «Non avevo la minima idea che sarei diventato un regista», ha raccontato il Leone alla Carriera, nato in Canada nel 1943, «Mio padre era uno scrittore e io sono nato e cresciuto con il suono dei tasti della macchina da scrivere. Per me era naturale che sarei diventato anch’io uno scrittore o che comunque avrei scritto. A quel tempo Los Angeles era la città dove nascevano i film, non Toronto». La svolta avviene all’università di Lettere, quando comunque, affascinato dalla tecnologia e da come in una pellicola si fondevano suono e immagini, prova a girare un film con i suoi compagni e gli riesce: «In quel momento qualcosa che mi sembrava impossibile ho visto che si poteva fare e da lì ho iniziato». Le detenute erano interessate a sapere se nel film che avevano visto il messaggio era che l’amore può cambiare l’identità di una persona: «Certo» ha detto «Credo che le persone che abbiamo intorno ci possano cambiare, nel bene e nel male». Molte le domande sui film: come nasce, come si decidono gli attori e se il finale è già deciso o si decide riprese facendo: «Fare un film è molto complesso e richiede tanto tempo», ha affermato, «Lo paragono a un coreografo che dirige una danza e non sai mai cosa succede sebbene tu abbia in testa una visione». I finali troppo chiari non lo convincono: «Se funziona un film lo devi portare con te e deve entrare nella tua vita».

Di sicuro l’incontro con le donne della Giudecca lascia aperta una porta anche alla città. E chissà che il Leone alla Carriera torni davvero per mostrare una Venezia mai vista, alla Cronenberg. —

Vera Mantengoli

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