Conflitto d’interessi titolari di hotel contestano il fisco

SOTTOMARINA. Se il carabiniere che vi controlla il tasso alcolico è proprietario di un bar vi può fare legittimamente la multa? E se il vigile urbano che vi contesta la mancata revisione possiede un'...

SOTTOMARINA. Se il carabiniere che vi controlla il tasso alcolico è proprietario di un bar vi può fare legittimamente la multa? E se il vigile urbano che vi contesta la mancata revisione possiede un'officina meccanica, come la mettiamo? Giuridicamente parlando, c'è di che discutere, ma i fratelli Riccardo e Francesca Boscolo Meneguolo, titolari dell'hotel Capo Est, in via Colombo, hanno pochi dubbi.

A loro è capitato di subire un accertamento fiscale e chi glielo ha fatto, oltre che dipendente dell'Agenzia delle entrate, è proprietario di un altro albergo. Lo ha scoperto l'avvocato Federico Veneri che rappresenta i due imprenditori chioggiotti. «I miei clienti, nel 2008 avevano dichiarato un reddito di 250mila euro, senza ricevere contestazioni, Nel 2009 hanno dichiarato lo stesso reddito e l'Agenzia li ha messi sotto esame, imputando loro un reddito presunto di oltre 800mila euro». I Boscolo avevano esposto il loro caso alla trasmissione «La Gabbia» su La7 sottolineando l'incongruità della pretesa fiscale. «Con 40 stanze, alla media di 70 euro al giorno e 90 giorni di attività all'anno» dicevano «basta moltiplicare e si trova il nostro reddito: 252mila euro» e tale era stata, negli ultimi anni, la loro dichiarazione. Ma l'avvocato Veneri va oltre e osserva, dal suo punto di vista, che l'accertamento presenta molteplici “pecche” procedurali, compreso l'uso dell'analisi finanziaria dei beni dei due fratelli non per ricostruire il reddito ma come se corrispondesse a redditi certi. Ad esempio gli immobili, che l'Agenzia attribuisce loro sarebbero tutti ereditati, tranne uno, un appartamento di 80 metri quadri, comprato con un mutuo a lunga scadenza, ancora da ristrutturare e non utilizzato. Insomma, il patrimonio dei due fratelli sarebbe stato guardato con “lenti deformate” dal conflitto di interesse del funzionario che è socio accomandante di un hotel, Palazzo Priuli, di Venezia, e che, secondo Veneri, non ha condotto con serenità la vicenda. «Incombe al funzionario pubblico» spiega il legale «l'obbligo di astensione in tutti i casi in cui vi siano attività che coinvolgono interessi propri o di parenti entro il quarto grado o conviventi; tanto che l'atto emesso in conflitto d'interessi è nullo». E, per questo motivo l'avvocato ha chiesto l'annullamento dell'accertamento nei confronti dei suoi clienti.

Diego Degan

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