Arte in lutto, è morta Sara Campesan

«Sono nata a Mestre il 27 dicembre del 1924 alle 13.30, in una fredda giornata di neve e bufera in via Mazzini, dove ancora abito. Giocavo con le lumache, le formiche, le lucciole, le lucertole e altri animaletti della terra; avevo anche un uccellino regalatomi da padre Giorgio, un cugino di mio papà che era un frate maestro d’organo e viveva al convento dei Frari a Venezia». Sembra il diario di una ragazza, e una ragazza è rimasta fino all’ultimo, anche se tra pochi giorni avrebbe avuto 92 anni. Sara Campesan se n’è andata lunedì alle 16.45 dopo sei mesi di malattia. In giugno aveva avuto un ictus, poi una serie di accidenti che lunedì se la sono portata via. È nella legge della natura, ma per lei era difficile pensarlo. Sara Campesan aveva una vitalità, un entusiasmo, una generosità che coinvolgevano chi ha avuto la fortuna (tanti) di esserle amico.
Pensare che non si è mai sposata; se nella vita ha avuto un compagno è rimasto un segreto nei suoi occhi luminosi. Sara era una di quelle persone che amavano il mondo. Le piaceva giocare, l’arte era un gioco, e lei, giovanissima, è diventata protagonista di quella ricerca, tra arte pura, geometria, optical, grafica, sino al design, che nel Novecento avrebbe avuto un maestro come Bruno Munari (che Sara conobbe nel 1972 a Brescia). Di Munari è la grafica delle storiche copertine Einaudi.
L’arte era nel destino di Sara: sua mamma, Zaira Viani, era la sorella dello scultore Alberto Viani, che l’aiutò negli studi: il Liceo artistico di Venezia (tra i suoi insegnanti Elena Bassi ed Egle Trincanato) e l’Accademia (dove ebbe come maestro Bruno Saetti). Le bombe della guerra interrompono gli studi ma non scalfiscono la sua anima. Nel ‘47 torna a Mestre, la sua famiglia rinasce dalle macerie della loro casa, in via Mazzini 5. È lo stesso indirizzo dove, nel 1978, nasce una delle esperienze più belle dell’arte non solo a Mestre, ma una galleria nazionale aperta all’Europa: Verifica 8+1. Nei decenni lo “spazio” (lei lo chiamava così) sarebbe diventato punta di diamante dell’arte contemporanea, grafica e materia, geometria o giochi optical. Non solo serigrafie o litografie: ma l’arte della carta, del tessuto, della sabbia. Tutto diventava forma e colore.
Molti anche i suoi libri. Nel 1987 una protagonista dell’arte veneta e italiana, Vittoria Surian - che negli anni ‘70-’80 del Novecento animò con il marito, il poeta Giuseppe Surian, la galleria d’arte Riviere di Mirano - con la sua nuova casa editrice Eidos le pubblicò il primo libro, “Virginia Woolf, un itinerario (bio)grafico”. Le dedicò un catalogo anche Simone Viani, il giovane figlio di Alberto che negli anni ‘70 fu assistente di Bepi Mazzariol alla Facoltà di Lettere di Ca’ Foscari, e riassumeva i lavori di Sara dal 1950 al 1984. L’ultima antologica a Marcon per ArteFiera nel gennaio-febbraio 2016. Ma il suo libro più bello è “Come un diario”, che l’editore Campanotto di Pasian di Prato (Pordenone), alias Carlo Marcello Conti, le stampò nel 2010. Sottotitolo: “Io ho provato”. Le foto in bianco e nero, il racconto, persino stupito, a volte con tonalità ingenue, della sua vita da ragazza. L’arte, diceva, nasce dalle onde del mare e dai loro disegni sulla sabbia.
I funerali si svolgeranno domani alle 11, in Duomo.
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