«Abbiamo fornitori italiani così non perdiamo clienti»

I titolari dei ristoranti cinesi in città: la paura si diffonde sul web ma per fortuna mestrini e veneziani sono intelligenti. Il rimedio contro il razzismo è la cultura



«Ecco da dove arrivano i nostri prodotti: il pesce da Adc di Cinisello Balsamo, le bibite da Rinaldi di Abano, le salse da You & Metro di San Donato Milanese, il riso e gli spaghetti da Asiantrade di Settimo Milanese. Rischio coronavirus? Non scherziamo, i dipendenti del ristorante sono tutti cinesi, ma il virus mica si diffonde per la nazionalità. I nostri clienti, per la maggior parte mestrini, sono persone intelligenti e nessuno in questi giorni ha fatto associazioni tra i menù e il virus».

A parlare è Valentina Hu, titolare di Yuxi, ristorante giapponese in calle del Sale. Viene da una città a pochi chilometri di Shangai, ma l’Italia è la sua casa da 20 anni. Ed è la casa di Mirko Hu, dietro al bancone del QQ Taiwan Bubble Tea, esattamente di fronte. «Alcuni amici di origine cinese, a Milano, hanno avuto dei problemi, venendo derisi da qualche ignorante», racconta sconfortato. «A Mestre ho saputo della giovane insultata sul treno. Sono sempre i soliti ragazzini, che ora usano come pretesto il coronavirus, ma sono mossi semplicemente dall’ignoranza. È la solita storia: le risatine, gli sputi. La nostra popolazione è tranquilla per indole, quindi tendiamo a ignorare questi episodi. Ma se ci dovessimo arrabbiare sul serio, faremmo loro passare la voglia di prenderci in giro».

A Mestre, Mirko ha trovato una casa: «Ormai sono mezzo italiano. A parte gli episodi degli ultimi giorni, credo che qui si viva abbastanza bene. A Venezia ci sono due università. È una città colta e il primo rimedio contro il razzismo è proprio la cultura».

Lo pensa anche Ling Ling, che troviamo dietro il bancone di carni al mercato coperto. «Sì, la gente mi chiede del coronavirus. Così come mi chiede se la carne che vendo arriva dalla Cina. Vivo in Italia e faccio questo lavoro da 15 anni e, ogni giorno, le domande sono sempre le stesse. Non ne posso più. Mi sembra assurdo che una persona possa pensare che, pur vendendo carne a Mestre, ordini i prodotti da Shanghai o da Wuhan». È un’esasperazione condivisa da Wei Funk, titolare del ristorante Fu G & C, specializzato in riso alla cantonese e sashimi. «I nostri fornitori sono italiani. Per fortuna continuiamo ad avere clienti, la paura del virus non ci ha creato danni».

Ma la psicosi si diffonde in rete. Come dimostra la caterva di commenti lasciata sotto il post di un mestrino che chiedeva informazioni su un buon ristorante cinese da asporto a Favaro. «Evitate per ora cibo cinese», scrive una donna. Cui fa eco un’altra: «Proprio un bel periodo». O, un uomo: «Non credo sia il caso di mangiare cinese adesso», cui risponde un altro utente: «Il cibo mica arriva dalla Cina». Mentre un'altra donna racconta: «Le mie figlie martedì volevano andare a mangiare cinese. Ho detto di non andare. Con il virus è meglio evitare».

Arrivano dalla Cina, invece, i prodotti venduti nell’alimentari orientale al civico 188 di via Piave: noddle, pacchi di riso, tè, ma anche snack a base di carne. All’interno del mini market lavora una coppia, restia però a dare informazioni. I prodotti, sulle etichette, rivelano la provenienza dal gigante asiatico. «Sì, sono prodotti che arrivano dalla Cina, ma non c’è nessun pericolo», le uniche parole della donna. Mentre arrivano dall’Italia i prodotti di Tang Dynasty, ristorante cinese express che da poche settimane trova posto al civico 57/A in piazza Ferretto. A gestirlo è sempre Valentina Hu, insieme al marito, che conferma: «Tutti gli alimenti che serviamo arrivano da i nostri fornitori italiani. La gente può stare tranquilla».



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