Malasanità, consulenti al lavoro: quattro indagati per il parto negato
Parto cesareo ritardato, col bimbo morto e la madre in coma. Indagati due medici del pronto soccorso, il ginecologo e l'infermiere. Da Roma arrivano gli ispettori del ministero della Salute: previste verifiche negli ospedali di Padova, dove è avvenuto il parto, e di Piove, dove va accertato se siano avvenuti errori sanitari

Carabinieri in ospedale a Piove di Sscco
PIOVE DI SACCO
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L'appuntamento è per oggi nell'ufficio del pubblico ministero Sergio Dini al quarto piano del Palazzo di giustizia: nel primo pomeriggio l'anatomo-patologa Emanuela Turrillazzi, dell'Istituto di medicina legale di Foggia, e il professor Pantaleo Greco, ordinario di Ostetricia e Ginecologia nell'università della città pugliese, saranno incaricati di svolgere la consulenza per chiarire se ci siano responsabilità mediche nella drammatica vicenda di cui è stata sfortunata protagonista la ventisettenne di Lova di Campagna Lupia che ha perso il suo bimbo al settimo mese di gravidanza. E che ha rischiato la vita dopo un'isterectomia, l'asportazione dell'utero conseguente al distacco della placenta.
Nomineranno dei consulenti di fiducia pure i quattro indagati, tre medici e un infermiere dell'ospedale di Piove di Sacco, accusati di aborto colposo e lesioni gravissime. Si tratta dei medici del pronto soccorso Stefano Corso di Padova (difensore l'avvocato Fabio Targa) e Fabio Casagrande di Vicenza, del ginecologo Maurizio Matarese (avvocato Luisa Pizzuti) e dell'infermiere sempre in servizio nella struttura di emergenza Roberto Lando di Vigonovo (avvocato Lorenzo Gollin).
Sono trascorsi 19 minuti dalla mezzanotte del 3 settembre quando Claudia N., alla ventinovesima settimana di gravidanza, e il marito Roger Barella, 28 anni, arrivano al pronto soccorso piovese. La donna sta male, ha forti dolori e teme il peggio.
Viene ricevuta dall'infermiere addetto al triage, l'assegnazione del codice che individua il grado di priorità ai fini del trattamento terapeutico. È un «codice verde»: nulla di grave o urgente.
Accolta dal medico del pronto soccorso, viene visitata dallo specialista, quindi sottoposta a un'ecografia. La diagnosi indicata nel foglio delle dimissioni, firmata dal dottor Casagrande, è chiara: «Dolore pelvico in gravida». Niente di preoccupante come aveva confermato l'esito dell'ecografia: «... Embrione unico vitale... Battito cardiaco presente rilevato... Trofoblasto-placenta anteriore, presentazione situazione cefalica... motricità rilevata, decubito destro anteriore». Poi seguono le misurazioni della testa, del tronco e degli arti di un bimbo vivo e sempre in movimento. E ancora: «Liquido amniotico regolare nei limiti...».
Le dimissioni risultano all'1,10. Nessuna ambulanza accompagna Claudia N. al pronto soccorso ginecologico dell'Azienda ospedaliera di Padova, raggiunta dalla coppia, a bordo della propria macchina, intorno all'1,30. Mezz'ora di ricerca all'interno del labirinto ospedaliero: finalmente alle 2,04 i coniugi giungono nel padiglione della Clinica ginecologica dove il medico di guardia, Roberto Laganara, si accorge del distacco placentare. E fa subito partorire la donna con taglio cesareo.
Troppo tardi: il piccolo è morto. E Claudia è costretta a subire l'asportazione dell'utero.
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