Chef Chronopoulos: «Così il Palais Royal di Venezia ha vinto la sua prima stella Michelin»
Lo chef originario di Atene ha portato il ristorante a conquistare il prestigioso riconoscimento a soli sei mesi dall’apertura. «Coerenza, bilanciamento dei sapori e rispetto degli ingredienti. Il mio piatto del cuore? Si chiama Savoro»
Chef Chronopoulos e il trionfo del ristorante Palais Royal: come un sogno realizzato tra Venezia e Atene, realtà che vale la prima stella Michelin.
Perché nel locale di lusso veneziano, il telescopio della gastronomia punta alle stelle e per raggiungere il firmamento attinge alle tecniche della cucina greca, trovando ispirazione proprio nella terra nativa dello chef.
La cucina di Philip Chronopoulos è infatti un omaggio alle sue radici: originario di Atene, si è formato in alcuni dei migliori ristoranti parigini, in particolare con Alain Passard a l’Arpège e Joël Robuchon a l’Atelier de l’Étoile.
Da nove anni è alla guida del ristorante Palais Royal di Parigi, che vanta due stelle nella Guida Michelin, e meno di un anno fa ha portato a Venezia la stessa «passione per l’eccellenza».
Ecco che, con lui, il ristorante dell’hotel cinque stelle Nolinski Venezia, in calle Larga XXII Marzo, si è guadagnato la sua prima stella a soli sei mesi dall’apertura.
Chef Chronopoulos, qual è il suo segno distintivo?
«La coerenza con il proprio stile è fondamentale, soprattutto quando si cerca di portare una tradizione culinaria lontana dalla terra d’origine, come la Grecia, in un contesto come Venezia. Oggi, quando preparo un piatto che unisce questi mondi, cerco di evocare non solo il mio passato greco, ma anche il dialogo che esiste da secoli tra le cucine del Mediterraneo, che si arricchiscono e si influenzano a vicenda».
Quale piatto racconta al meglio la sua filosofia?
«Si chiama Savoro, e riprende la tradizione delle isole Ionie con il pesce marinato, ma si ispira al celebre saor veneziano. È un piatto che rappresenta l’incontro di due culture culinarie, entrambe unite dalla passione per ingredienti freschi come l’olio d’oliva, le verdure e i frutti di mare, capaci di esaltare la semplicità e la qualità dei prodotti locali. Esemplare è il menù degustazione “Da Atene a Venezia” che valorizza nella città lagunare pietanze delle tradizione greca, fra queste il formaggio Feta».
Ogni chef ha un trucco che rende speciale il proprio stile culinario. Il suo?
«Il segreto sta tutto nella capacità di bilanciare i sapori e rispettare gli ingredienti. Una tecnica chiave è la padronanza delle cotture: saper scottare, stufare e cuocere lentamente per ottenere le texture perfette. Ma anche saper dare importanza all’uso delle erbe e delle spezie, che esaltano i piatti senza coprire il gusto degli ingredienti».
Quali esperienze sono state determinanti nel portarla a questo traguardo?
«Mi sono iscritto giovanissimo all’Ecole Bocuse di Lione, senza nemmeno sapere come si cucinasse un uovo, spinto solo dal sogno di diventare pasticcere. Con zero esperienza, ma una discreta personalità, un professore mi notò e mi suggerì di lavorare in un ristorante stellato della zona, una sorta di riscaldamento prima di entrare nel vivo della mia carriera. A Parigi, ho avuto la fortuna di lavorare con il geniale chef Alain Passard. Lì non c’era un manuale da seguire, solo il permesso di ascoltare e seguire il proprio istinto, un vero e proprio allenamento alla libertà creativa».
La stella Michelin è un riconoscimento straordinario: pensa sia frutto di quella libertà creativa?
«Anche! Ma conta molto il percorso che si è fatto: all’età di 29 anni mi trovavo a capo di un ristorante che non esisteva – Le Palais Royal, appunto – e ad avere come chef me stesso, accompagnato dalla sensazione di non essere nessuno. È proprio in quel momento che si è aperto un secondo percorso iniziatico. E questo premio mi riempie di gioia, continuerò senz’altro a offrire una cucina genuina, a far battere il cuore a chi assapora i piatti».
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