Nuova mala, Pandolfo confessa I rapinatori restano in carcere

La vedova Trovò ha ammesso di aver nascosto nel garage di Campagna Lupia materiale per gli assalti Costante e Marco Carraro la pagavano duemila euro al mese. Ha confermato le accuse agli altri imputati
Di Giorgio Cecchetti

VENEZIA. Parla la 45enne Fabiola Pandolfo, parente del più famoso Antonio, meglio conosciuto come «Marietto» il braccio destro di Felice Maniero, e vedova di Massimo Trovò, saltato in aria due anni fa davanti ad un supermercato toscano mentre posizionava il gas per far esplodere la cassa continua. Giovedì pomeriggio, il pubblico ministero di Venezia Giorgio Gava l’ha interrogata a lungo alla presenza del suo difensore, l’avvocato padovano Danilo Taschin. Il rappresentante dell’accusa, ieri, si è presentato davanti ai giudici del Tribunale del riesame lagunare, presieduto da Angelo Risi, e per ribadire le accuse contro coloro che avevano presentato ricorso, ha consegnato i verbali del lungo interrogatorio, segno evidente che la donna non si è limitata a confessare le proprie responsabilità, ma ha confermato anche le accuse nei confronti di altri coimputati. Pandolfo è accusata di aver nascosto e custodito nel suo garage di Campagna Lupia tutto l’occorrente per le rapine, venendo ripagata da Costante e Marco Carraro con duemila euro al mese.

Nel primo pomeriggio, poi, il Tribunale del riesame ha sostanzialmente respinto i ricorsi presentati dagli avvocati Andrea Capuzzo, Luigi Fadalti, Giorgio Pietramala e Silvia Trevisan per conto di CostanteCarraro, Gianni Buriollo, Pamela Scarpa e Riccardo De Piccoli. I giudici veneziani del Riesame, però, si sono anche dichiarati incompetenti dal punto di vista territoriale per numerosi reati.

Innanzitutto per rapine e tentate rapine messe a segno in provincia di Padova (Piombino Dese), di Pordenone (Zoppola) e di Vicenza. Le posizioni di Buriollo, Carraro e De Piccoli, comunque, restano anche in laguna perché sono accusati di aver messo a segno «colpi» pure in provincia di Venezia, mentre la posizione di Pamela Scarpa verrà completamente trasferita al Tribunale di Padova, visto che pur avendo commesso il reato di furto di alcune targhe di automobili a Spinea, in seguito sarebbero state utilizzate per un’auto usata per una rapina in provincia di Padova.

Quindici giorni fa in manette erano finiti in diciassette sulla base delle indagini della Squadra mobile veneziana: il pubblico ministero Gava aveva contestato ben sette rapine messe a segno e altre dieci tentato, oltre va un furto e al porto di armi da guerra. Il nome di spicco tra gli arrestati è quello del 65enne Carraro, detto "Chessman", nato a Fossò, residente a Vigonovo e considerato un rapinatore puro. Legato alla "mala del Brenta" era un uomo di punta delle batterie di fuoco ai tempi di Felice Maniero e nel suo curriculum ci sono pure 15 anni di carcere duro a Porto Azzurro. Con lui, dietro le sbarre è finito anche il nipote Marco. Gli altri due uomini di punta della "batteria" sono Michele Gelain, 47 anni, di Marghera, protagonista in passato di una rapina durante la quale ha lanciato contro una pattuglia dei carabinieri una bomba a mano, e Delfino Fincato, 58 anni, di Codevigo, per lunghi anni autista dei colonnelli di Maniero.

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