Il ragazzo aveva brutti voti in pagella

PADOVA. Andava male a scuola. Era arrivata la pagella e con questa un’altra delusione. Per lui ma forse anche per papà. A novembre, infatti, per aiutarlo dopo la bocciatura dell’anno precedente i genitori l’avevano iscritto al liceo sportivo privato. E così il rendimento scolastico finisce nella lista dei possibili moventi per dare un senso alla tragedia di Selvazzano. Anche se non è facile capire cosa sia scattato nella mente del figlio di Enrico Boggian, l’imprenditore di 52 anni ucciso venerdì con un solo colpo di fucile nella sua villetta di via Monte Santo a Selvazzano.
Le ipotesi. Omicidio volontario o incidente? Da una parte c’è la dinamica ricostruita dai carabinieri che ha portato all’arresto del sedicenne, oggi nel carcere minorile di Treviso, dall’altra c’è la versione del ragazzo: «Ho sbagliato, volevo solo fare uno scherzo», ha detto dopo ore di interrogatorio. Ma quest’ultima ipotesi sembrerebbe scricchiolare, soprattutto per la totale assenza di soccorso da parte sua. Non ha telefonato al 118 ma è uscito di casa, ha nascosto l’arma, ha finto di essersi chiuso fuori e si è creato un alibi facendosi aprire il cancello da una vicina. Forse in quel lasso di tempo avrebbe potuto salvare la vita al genitore, perché il suo cuore batteva ancora.
Le difficoltà a scuola. Il giovane accusato di omicidio volontario era stato bocciato al secondo anno di liceo e da qui la scelta del trasferimento in un istituto privato, il liceo scientifico sportivo Patavium Gymnasium all’Arcella. Ma anche qui pare non andasse molto bene. Il venerdì prima della tragedia aveva ricevuto la sua prima pagella. «Aveva qualche difficoltà in diverse materie», spiega il professore di Diritto Mario Burri. «Certo era comprensibile, non è facile cominciare l’anno a novembre, ambientarsi e mettersi subito al passo». Una situazione la sua, verso la quale la scuola aveva un occhio di riguardo: «Siamo qui per aiutare i nostri alunni. Nella sua classe sono tutti piuttosto bravi. Anche lui con un po’ di impegno avrebbe potuto mettersi alla pari». La prossima settimana sarebbero, inoltre, iniziati i colloqui genitori-insegnanti. «La sua non era una situazione tragica, a rischio di bocciatura imminente, ma comunque avremmo parlato con i genitori per cercare di dargli una mano. Purtroppo ci è mancato il tempo».
I compagni e il preside. Silenziosi con i volti cupi e le teste basse, i ragazzi di seconda ieri sono rientrati a scuola. «Sono tutti sconvolti, allibiti, pensano al loro amico, a quello che sta passando», dice il direttore dell’istituto Giancarlo Burri. «Non sono colpevolisti ma dispiaciuti e preoccupati. Giovedì per cercare di dargli una mano verrà in classe uno psicologo». Rendimento a parte il sedicenne era ben inserito nel contesto scolastico. «È un ragazzo normale, come tutti. Ci preoccupiamo di capire come mai è capitato a un ragazzo dei nostri di essere coinvolto in un fatto così grave. È difficile per noi immaginare una ragione, speriamo tutti nell’incidente. La volontarietà del fatto stentiamo crederla». Nell’ambiente scolastico, così come a Selvazzano, il rapporto padre e figlio viene definito sereno. «Il papà seguiva le vita scolastica del figlio, è venuto lui a iscriverlo», continua il direttore. «L’ultima volta l’abbiamo visto giovedì scorso, è venuto a prenderlo perché il ragazzo non si sentiva bene». E infatti il giorno dopo, quando si è consumata la tragedia, il sedicenne era rimasto a casa.
Il motorino. Neanche all’esame per il patentino era andata bene: era stato bocciato per due volte al test teorico avendo già in garage una moto 125 nuova di zecca. Aveva già il foglio rosa, ma non bastava per guidarla come sognava e così la moto rimaneva in garage. Così aveva deciso suo padre.
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