Golpe Borghese e i legami con Venezia All’Arsenale con le mitragliatrici

VENEZIA
Il golpe Borghese e i suoi legami con Venezia. Cinquant’anni dopo, emergono particolari inediti sulla storia di quello che doveva essere un colpo di Stato per rovesciate il governo democratico. Alleanze tra fascisti servizi segreti italiani e la Cia. Preparativi in Arsenale per mettere a punto le mitragliatrici che dovevano essere impiegate. Legami portati alla luce da varie inchiesta nel corso degli anni.
Il giudice veneziano Felice Casson, che ha indagato su Gladio e la strage di Peteano, è uno dei testimoni diretti di questi legami. «Mi ci sono imbattuto mentre indagavo sulla struttura di Gladio», racconta oggi, uscito dalla magistratura, «venni a sapere che c’era un progetto per portare in Sardegna, nella base di Gladio, gli attivisti che sarebbero stati arrestati».
Altra inchiesta, quella di Peteano. «Negli anni 1986-1989», dice Casson, «avevo interrogato in Sudafrica il generale Maletti, allora capo del Sid, il servizio segreto. Aveva confermato i rapporti tra i servizi e la destra. Poco tempo interrogavo a New York, in un luogo segreto protetto dall’Fbi, il pentito Tomnaso Buscetta. Che confermava i legami tra la mafia, la destra neofascista e la Cia americana». Dunque nel golpe Borghese emerge chiaramente un filo che tiene insieme Cosa Nostra e la Cia. «Quell’interrogatorio», continua Casson, «nasceva da alcune carte che mi aveva consegnato il giudice Falcone. Mi aveva detto di tenerle ancora riservate. Lì si parlava dei contatti tra le mafie e i servizi. Buscetta confermò tutto». Alla mafia dovevano essere affidate le cosiddette “azioni speciali”, cioè ad esempio l’omicidio del capo della Polizia Vicari che era stato programmato. Ai carabinieri, ricalcando il Piano Solo del 1964, l’incarico di occupare i centri nevralgici del potere». Dunque il golpe Borghese non fu una burletta? «Proprio no. Lo diventò quando a occuparsene fu la Procura di Roma, e poi certi giudici di Appello e di Cassazione. Mandarono tutti assolti con motivazioni discutibili. Non a caso da allora la giustizia romana venne soprannominata il Porto delle Nebbie».
Ma il golpe era una cosa seria. «Lo dimostrano», continua il magistrato, «tutti i collegamenti che sono stati scoperti dopo. Tutto ebbe inizio nel famoso convegno del 1965 dell’Istituto Delio all’hotel Parco dei Principi. I partecipanti erano attivisti di Avanguardia nazionale come Stefano Delle Chiaie, ufficiali dell’Esercito, Mario Merlino dei circoli anarchici che poi saranno coinvolti nella strage di piazza Fontana ,il medico veneziano Carlo Maria Maggi. L’obiettivo, mettere a punto i piani per una guerra “non ortodossa”. Da lì l’onda lunga delle stragi come quella di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e di episodi di strategia della tensione e terrorismo nero. L’obiettivo era quello di creare un blocco conservatore di fronte all’avanzata del partito comunista». Una strategìa a cui non fu estranea poi nemmeno la Dc di Andreotti. Ma il golpe doveva coinvolgere in modo attivo gli estremisti di destra, l’Esercito, i servizi e i carabinieri. Ed era visto “con interesse” dagli americani. Altra figura che torna nelle istantanee del golpe Borghese è quella del medico veneziano Carlo Maria Maggi. «Anche il suo nome», ricorda Casson, «emerge dagli interrogatori». Una storia solo in parte scritta. —
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