Droga in casa, sei mesi al figlio e ai genitori

CAMPONOGARA. Tra carcere e arresti domiciliari sono rimasti agli arresti sei mesi, ma per il giudice monocratico Daniela Defazio in carcere non dovevano neppure finirci. Ieri, il magistrato del Tribunale di Venezia ha sì condannato Giorgio Maniero, la moglie Antonella e il figlio Federico a sei mesi di reclusione ciascuno, ma ha concesso a tutti la sospensione condizionale della pena. Il difensore, l’avvocato Davide Ravagnan, si è battuto per l’assoluzione e dopo la lettura della sentenza ha preannunciato appello.
Ad arrestare l’intera famiglia di Camponogara, tra l’1 e il 2 novembre 2014, erano stati i carabinieri di Dolo. Avevano notato il misterioso passaggio di un involucro tra un giovane a piedi e il passeggero di un’automobile nella centralissima via Mazzini di Dolo. Avevano cercato di bloccare il mezzo, ma non erano riusciti a raggiungerlo, quindi si erano dedicati al ragazzo, che nonostante il tentativo di fuga era stato alla fine bloccato. Appena diciottenne, Federico Maniero aveva con sè un pacchettino con una decina di grammi di marjiuana. Con un mandato di perquisizione, qualche ora dopo, si erano presentati alla villetta di Camponogara della famiglia Maniero in cerca di altra droga e l’avevano trovata, circa due chili di marjiuana. Stando ai militari dell’Arma, i genitori di Federico avevano cercato di nasconderla, di farla sparire: la droga era stoccata in tre sacchi di plastica nera a loro volta nascosti all'interno di due grandi scatoloni sistemati nella soffitta della casa.
Così erano finiti in manette in tre. Il loro arresto e soprattutto quello dei genitori del ragazzo avevano destato scandalo e meraviglia in tutto il paese.
Ieri, però, il difensore, in aula, ha raccontato un’altra verità. Ha spiegato che il padre e la madre di Federico non avevano nulla a che fare con la marjiuana, di cui invece era responsabile il figlio. Una versione che hanno sempre sostenuto anche i tre imputati.
Il pubblico ministero, ha chiesto una condanna più pesante, due anni ciascuno, ma il giudice, ritenuta anche il fatto che si trattava di incensurati, ha condannato padre, madre e figlio ad una pena molto più mite e soprattutto ha concesso a tutti la sospensione della pena, che i tre, invece, hanno già scontato con la carcerazione preventiva.
In quei due chili di erba, tra l’altro, il principio attivo era meno della metà e, dunque, la droga era molto meno di quello che appariva
Giorgio Cecchetti
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